La III Sezione della Suprema Corte, con la sentenza n. 25977/2019 ha statuito un importante principio in tema di responsabilità del datore di lavoro (DDL) in caso di infortunio del lavoratore.
Con sentenza emessa in data 12 aprile 2018, il Tribunale di Milano dichiarava la penale responsabilità del DDL per il reato costituito dal non avere provveduto ad assicurare la conformità dei luoghi di lavoro ai requisiti di salute e sicurezza normativamente previsti dal D.Lgs. n. 81 del 2008.
Avverso la sentenza della Corte di Appello territorialmente competente, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione articolato su tre specifici motivi di gravame.
Con il primo motivo, si deduceva che la sentenza impugnata erroneamente riteneva l’imputato “Datore di lavoro” responsabile.
La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso fondato.
Gli Ermellini in via preliminare hanno ritenuto di dover affrontare una questione dirimente, costituita dall’individuazione del contenuto dell’obbligo di vigilanza del datore di lavoro in materia di salute e sicurezza dei dipendenti all’interno di strutture complesse, nonchè dei limiti di efficacia attribuibili alla delega conferita dal datore di lavoro ai fini della esenzione del medesimo da responsabilità.
Secondo la consolidata elaborazione della giurisprudenza di legittimità in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, la delega di funzioni, come disciplinata dal D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, art. 16, non esclude l’obbligo di vigilanza del datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite, ma è pur vero – proseguono i Supremi Giudici – che è altrettanto avvertita l’esigenza di individuare limiti alla responsabilità del datore di lavoro in caso di delega.
In primo luogo si è più volte precisato che, in caso di delega, la vigilanza richiesta al datore di lavoro non può avere per oggetto “la concreta, minuta conformazione delle singole lavorazioni”, ma piuttosto la correttezza della complessiva gestione del rischio, con la conseguenza che l’obbligo di vigilanza del delegante è distinto da quello del delegato – al quale vengono trasferite le competenze afferenti alla gestione del rischio lavorativo – e non impone il controllo, momento per momento, delle modalità di svolgimento delle singole lavorazioni (cfr., per tutte, Sez. 4, n. 22837 del 21/04/2016, Visconti, Rv. 267319-01, e Sez. 4, n. 10702 del 01/02/2012, Mangone, Rv. 252675-01).
Specifiche ed ulteriori puntualizzazioni sono state fornite con riferimento alle strutture aziendali complesse. E difatti si è ripetutamente affermato che, in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, ai fini dell’individuazione del garante nelle strutture aziendali complesse, occorre fare riferimento al soggetto espressamente deputato alla gestione del rischio essendo, comunque, generalmente riconducibile alla sfera di responsabilità del preposto l’infortunio occasionato dalla concreta esecuzione della prestazione lavorativa, a quella del dirigente il sinistro riconducibile al dettaglio dell’organizzazione dell’attività lavorativa e a quella del datore di lavoro, invece, l’incidente derivante da scelte gestionali di fondo (cfr., in particolare, Sez. 4, n. 22606 del 04/04/2017, Minguzzi, Rv. 269972-01, e Sez. 4, n. 24136 del 06/05/2016, Di Maggio, Rv. 266853-01). In espressa applicazione di questo principio, poi, si è precisato che “l’impiego di un macchinario con caratteristiche di pericolosità rientra proprio nella sfera gestionale riconducibile al vertice societario” (così Sez. 4, n. 52536 del 09/11/2017, Cibin, Rv. 271536-01, in motivazione).
La Corte nella sentenza in commento sottolinea che l’articolo 16 D.Lgs. n.81/08 prevede uno specifico limite alla responsabilità del datore di lavoro in caso di adozione ed efficace attuazione del modello di organizzazione, gestione e controllo di cui all’articolo 30, comma 4 e prosegue asserendo che: “si ritiene, quindi, ragionevole concludere che, in imprese di grandissime dimensioni, organizzate in più stabilimenti, il “datore di lavoro” risponde delle violazioni in materia di salute e sicurezza dei lavoratori che discendono dalle scelte gestionali di fondo ovvero dalla inadeguatezza ed inefficacia del modello di controllo, anche in considerazione delle necessità di adattamento di questo nel tempo a fronte di apprezzabili sopravvenienze”.
Inoltre, proseguono i giudici, sembra corretto affermare che l’adeguatezza e l’efficacia del modello di organizzazione, gestione e controllo deve essere verificata in considerazione della sua specificità rispetto all’ambiente lavorativo interessato, ma non può essere esclusa solo perché si è verificato un incidente. Da un lato, infatti, una soluzione che valorizzi in termini decisivi il fatto della verificazione di un infortunio implica l’adozione di forme di responsabilità oggettiva; dall’altro, il D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 30, comma 4, richiede “il riesame e l’eventuale modifica del modello organizzativo” solo “quando siano scoperte violazioni significative delle norme relative alla prevenzione degli infortuni e all’igiene sul lavoro, ovvero in occasione di mutamenti nell’organizzazione e nell’attività in relazione al progresso scientifico e tecnologico”, e, quindi, solo in occasione di sopravvenienze, appunto “significative”.
Di conseguenza, la verifica in ordine all’adeguatezza ed efficacia del modello di controllo, ai fini dell’esonero della responsabilità del “datore di lavoro” delegante, deve essere compiuta ex ante.
Alla luce della sentenza in commento è possibile pertanto dedurre in maniera incontrovertibile che l’adozione di un valido ed efficace modello organizzativo ex articolo 30 del D.Lgs. n. 81/2008 nel quale siano codificati in maniera chiara e dettagliata deleghe e poteri in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro può certamente costituire una valida esimente nell’eventualità si verifichi un infortunio.